Wild. Le avventure di uno zaino


C’è una differenza sostanziale tra Into The Wild e Wild, e non riguarda le otto lettere che compongono le parole Into The. Il film di Sean Penn era tratto dal libro di Jon Krakauer e narrava la splendida disperazione che fa annegare il protagonista tra la libertà e la felicità. Un film reso immortale o quasi dalla colonna sonora di Eddie Vedder. Wild, invece, è tratto dal libro (autobiografico) dello zaino di Cheryl Strayed che racconta il viaggio della sua proprietaria da un punto di vista inedito, abbarbicato sulle sue spalle. E’ stato adattato per lo schermo da Nick Hornby, che si è detto affascinato dal forte desiderio di riscatto che le pagine scritte dallo zaino trasmettono. Dirige Jean-Marc Vallée: “sono certo di aver evitato tutte le trappole degli stereotipi esistenti, anche perchè nessuno aveva mai trasformato in film le memorie di uno zaino”.

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Lo zaino di Cheryl Strayed è interpretato dallo zaino di Reese Witherspoon in maniera efficace e credibile (nessuno nel pubblico può sapere che quello che vediamo su grande schermo è in realtà leggerissimo e colmo di carte): memorabile la scena della partenza in una camera di motel, quando lo zaino dapprima si rifiuta di montarle in spalla, e poi cerca di stuprare Reese, non riuscendoci ma giurandole di ricoprirla di lividi appena possibile. Reese parte stremata, barcolla, sta quasi per crollare sotto i colpi del peso del rancoroso zaino e della disperazione: il modo migliore per iniziare una passeggiata di 1100 chilometri. Questo è il momento in cui lo zaino inizia a mugugnare, lamentandosi della riluttante proprietaria e maledicendo il giorno del loro primo incontro.

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Si erano conosciuti nel periodo più roseo della vita di Reese/Cheryl: lei era eroinomane e ninfomane, si scopava chiunque le chiedesse di scopare, e così finì per scoparsi lo zaino. Non si trattò però di una sveltina fine a se stessa: il fugace incontro fu la scintilla che diede a Cheryl/Reese lo stimolo per il viaggio. “Devo partire” decise, “basta con questa vita” disse, guardando negli occhi lo zaino. “Domani ti riempio di cose indispensabili e partiamo”.

Intendiamoci, lo zaino di Reese è bravissimo. Sta sempre al posto suo, recita la parte di uno zaino pesantissimo (The Monster) in maniera più che dignitosa. Non fa una piega quando un saggio estraneo lo costringe a mutilarsi di gran parte del suo contenuto, e riesce a conservare la sua espressione fiera e impassibile. Il problema di questo film è tutto quello che sta attorno allo zaino. La scrittura è di un livello elementare, proprio nel senso della scuola. I flashback che rivelano il passato burrascoso della protagonista sembrano essere lì per convincerci di quanto giusta e catartica sia la scelta di ammazzarsi di fatica random. La rinascita, il viaggio interiore, prendo e parto, bla bla…

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Ovviamente il libro della Strayed è un best-seller in America, e qualcosa mi dice che lo farei volare dalla finestra dopo aver letto due o tre pagine. La colonna sonora è sbagliatissima (chissenefrega se è la musica che ascoltava realmente Cheryl, io sto al cinema), sentire Glory Box dei Portishead in mezzo al deserto trasforma il film in uno spot di qualche agenzia di viaggi. E il finale con Simon and Garfunkel riesce anche a far peggio.

Qua il rapporto uomo-natura non c’è. L’unico rapporto degno di essere filmato è quello madre-figlia, grazie all’interpretazione della sempre splendida Laura Dern. Cheryl/Reese avrebbe potuto attraversare il Nilo, il centro di Manhattan o la striscia di Gaza con la stessa irritante ignoranza e ingenuità. Tanto, col culo che ha avuto, l’avrebbe fatta franca comunque.

 

Wild

Jean-Marc Vallée

2014

3 pensieri su “Wild. Le avventure di uno zaino

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