Il fatto è realmente accaduto, nel 2015. Abbiate la pazienza di fare una ricerca su Google, giusto per capire, a distanza di tre anni, che per la rete sono anni luce, lo stato avvilente del giornalismo nostrano. Alcune delle principali testate nazionali parlarono delle gesta eroiche di un manipolo di marines in licenza, pronto a sconfiggere le forze del male per cielo, per terra, per mare, su rotaia. Non erano marines, erano soldati, di differenti corpi, di rango non elevato. Io, che ho un complesso e complessato firewall mentale, derubricai la notizia a fake news, troppe le coincidenze implicate. Tutto processato, sepolto e rimosso nel giro di poche ore. Ma alla fine arriva Clint, e la storia prende un’altra piega.
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Al cinema con Clint Eastwood. Dirty Harry, ti presento Sully
Confesso che avevo deciso di sorvolare, senza aeromobile, ritenevo lezioso aggiungere un altro verboso peana alla sequela di osanna che si innalzano da ogni dove. Quando si parla di un Padre del cinema, solo è consentito accomodarsi in sala e guardare, con entusiasmo da discepoli, con umiltà da apprendisti. Clint Eastwood, lo si metta agli atti, non è unto dal Signore, è proprio il Signore, quel dio del cinema che tante volte abbiamo ringraziato e tante altre ancora, spero, ringrazieremo, Clint è meraviglia, è stupore e tremori, è la semplicità della perfezione. Oh sì, fratelli, oh sì. C’è però che la mia testa è un popolo – un piccolo popolo – di sovversivi, e da giorni penso e ripenso ad un titolo che esprima concisamente il mio approccio luciferino alle eucaristie cinematografiche: oggi l’ho trovato, oppure è lui che ha trovato me, come potete leggere sopra. Fatto il titolo, la rece viene da sè. Sully. di Clint Eastwood.
American Sniper. Portrait of a serial killer
Sono nato 43 anni fa, in un mondo con poche certezze. Una mi ha accompagnato fino a ieri sera, anche se vacillava già da quattro anni: Clint Eastwood. Andavo al cinema sereno e impettito, evitavo di leggere recensioni e critiche perchè erano inutili. Provavo quella splendida sensazione di sapere in anticipo che sarei uscito dalla sala a fine proiezione con gli occhi lucidi, felice, colmo della visione, emotivamente scosso e desideroso di rivedere il film al più presto. Quando mi addormentai durante Hereafter, al risveglio ero più che altro incredulo. Mi convinsi che avrei dovuto semplicemente rivederlo, per ricevere quello che dai film di Clint ho sempre ricevuto. Ma non l’ho più rivisto. Alla visione di Jersey Boys arrivai invece con uno strano disagio che non mi lasciò fino ai titoli di coda. Ricordo che iniziai a scriverne qui subito dopo, sforzandomi di trovare i consueti marchi di fabbrica del cinema di Eastwood ai quali aggrapparmi per parlarne bene, ma dopo mezz’ora cancellai tutto e non ne scrissi più. In quei due film, semplicemente, Clint Eastwood non è. E ieri la terza mazzata, definitiva: American Sniper.
Kate Winslet, British Beauty
Little Children
2006.
Labor Day
2013.
Due film al prezzo di uno, in tempi di crisi bisogna risparmiare anche sui post. Ma no, è che sono due titoli che hanno importantissimi elementi in comune: entrambi iniziano con la lettera L e sono composti da due parole. Inoltre, nota fondamentale, io li ho visti uno di seguito all’altro. Ragioni più che sufficienti, insieme naturalmente alla spending review, per obbligarli a coesistere sotto lo stesso tetto/post. Continua a leggere
Once upon a time in Hokkaido
Meno sorridente di Clint Eastwood:
Più minaccioso di Gene Hackman:
Più vecchio di Morgan Freeman:
Dio, Patria, Famiglia.
Prisoners
Denis Villeneuve
2013
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Sedia a dondolo, birra e taralli, tutto pronto. Basta poco per sentirsi felici. E’ una bella sensazione, che però dura 3 secondi. Poi suona quel cazzo di citofono. Sarà ancora il solito scroccone, penso. E infatti. Sposto la sedia a dondolo per infilarci di fianco una vecchia poltrona semisfondata, ma comoda. Brian, prima ancora di chiedermi come va, sta già triturando tra i denti il terzo tarallo mentre la sua mano libera afferra il collo della bottiglia. La mia birra. Che film mi proponi stasera, chiede sputacchiando microgranuli di tarallo. Informo il signor Brian-Paraculo-De Palma che annuisce soddisfatto e si stravacca sulla poltroncina.
(…)
Dopo un’ora abbondante di visione (livida, nera, tesa e densa) il volto del male si manifesta, inonda lo schermo, e Brian-Micopianotutti-De Palma mi molla una gomitata nelle costole, alitandomi in faccia “sembra un mio film di 30 anni fa”, e sorride sornione.
Sono costretto a dargli ragione. Continua a leggere
Nuddu ammiscatu cu nenti
La variabile umana
Bruno Oliviero
2013
Città cupa, piove, quindi è un noir. Poliziotto catatonico, adolescente corrotta, quindi il modello è Scerbanenco.
Wow.
Quante puttanate. Continua a leggere