Adesso ormai è vecchio: ha quasi nove anni. Ma io ho la fortuna di avere un amico che capisce le mie battute ironiche sin da quando aveva quattro anni. E ride. E’ un’eccezione, lui è speciale. Sono pochi in realtà i bambini che capiscono l’ironia. E’ frustrante, anche se quasi inevitabile, vedere una faccia di bimbo impassibile dopo che io ho elaborato e declamato una battuta con l’unico scopo di farlo ridere. Dovrebbe essere più allarmante incontrare un adulto che non coglie l’ironia, però paradossalmente non mi allarma affatto e neanche mi frustra, ma questa è un’altra storia.
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Speciale Breaking Dead
« Io sono vivo, voi siete morti » (Philip Dick, Ubik)
Vivo o morto.
Dicotomia pura, non nel mio mondo.
E non solo per la risaputa presenza sul pianeta, e sicuramente anche nel vostro condominio, di tantissimi morti che credono di essere vivi.
Vivo o morto non può più essere una dicotomia sin dal lontano 1968, quando George Romero ha reso nota al grande pubblico l’esistenza, e la fame atavica, dei morti viventi.
Gli zombi, i ritornanti, gli azzannatori sono ormai una texture nel mio immaginario, non posso fare a meno, di fronte a qualsiasi decesso cinematografico improvviso, di desiderare/temere di veder muovere le dita del cadavere, o spalancare improvvisamente gli occhi e la bocca e scattare in direzione della giugulare più vicina.
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