Insidious: Wan, two, three!


Antichrist non avrebbe mai visto la luce senza il successo di Saw. Parole di James Wan e Leigh Whannell, che oltre ad essere una coppia di stronzi arroganti, per di più australiani (Wan è di origini malesi, in realtà), sono rispettivamente un regista e uno sceneggiatore dotati di quel particolare talento che permette di realizzare film che costano un milione di dollari e incassano cento volte tanto. E’ successo con Saw, ed è successo ancora con Insidious. Dall’estetica del delitto – e dalla non desiderata attribuzione di paternità per la nascita del torture porn – allo spavento old style e alle case infestate? Non esattamente, chè qui l’unica casa infestata è la Blumhouse, infestata dallo stesso particolare talento di Wan e Whannell. Subito, mentre scorrono i titoli di testa di Insidious, l’occhio dello spettatore è stimolato a perlustrare il perimetro dello schermo, e continuerà a farlo senza tregua per merito delle riprese lente ansiogene e avvolgenti di Wan, alla ricerca di dettagli inquietanti e presenze orrorifiche. Le immagini che scorrono sono come istantanee in movimento, scattate in bianco e nero dentro la casa: lampade, ombre, sagome, angoli e anfratti, con le estremità che sfumano nelle tenebre. Il meccanismo è innescato, l’inganno di trovarsi nel genere “case infestate” funziona (al punto di non fare troppo caso ai nomi del cast che scorrono, dai quali si sollevano i doppi di ogni lettera e sfumano via, come gli spiriti che abbandonano i corpi durante i viaggi astrali), la tensione palpabile cresce e continuerà a crescere man mano che il film prosegue. Parte del merito va all’impeccabile comparto sonoro: la musica è composta principalmente di suoni provenienti da violini e organi, e calza alla perfezione con l’impianto visivo old-school del film, raggiungendo picchi agghiaccianti grazie all’inserimento della canzoncina Tiptoe through the Tulips.

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La Sciamana, di Andrzej Zulawski


Se togli ad un cosmonauta la sua attrezzatura, morirà in un paio di minuti. Se togli ad uno sciamano ogni cosa, lo sciamano sopravviverà.” (Michael, il cosmonauta a sua insaputa). Un dito indice femminile scorre lungo una vetrina colma di pietanze pronte e invitanti, mentre la sua voce commenta “bleah” ripetutamente, scartando ogni piatto, finchè i suoi occhi non vedono quello che stava cercando. Allora ordina entusiasta “cervello!” (e gelato alla fragola, così, tanto per depistare. E leccare). Inizia così La Sciamana: dito, voce, bocca e lingua appartengono alla protagonista, soprannominata “l’italiana”.

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Possession, di Andrzej Zulawski


Totus Tuus.  Dal 1978, anno della sua proclamazione, il controverso Papa d’oltrecortina portò sempre al collo una medaglietta aurea, riportante la celeberrima effigie “Totus tuus”. Questa dichiarazione di sottomissione incondizionata, di devota possessione,  era da intendersi verso la Madonna in quanto Madre (surrogata) di tutti gli uomini, e più specificamente Madre del popolo polacco, Madre Polonia, in chiara e politica antitesi al concetto virile di Patria Polonia, la Polonia dei padri più o meno socialisti. Religione contro Stato etico, solo all’apparenza, perché in realtà sotto l’icona della femmina vergine si celava lo scontro tra due autorità ugualmente patriarcali, oppressive e liberticide. Questa è la premessa indispensabile per accostarsi a Possession.

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Dossier Frankenstein. Born to be alive. Part 2


Frankenstein ed intelligenza artificiale, un ossimoro da un punto di vista prettamente cognitivo, non invece da un punto di vista emotivo, in quanto l’impulso ad agire su base istintuale si esplicita in una volontà di ribellarsi, di vendicarsi, di accoppiarsi, di soppravvivere (It’s alive? It will survive!”), di annullarsi. Ecco allora che la Creatura esorbita, e diventa padre di tutte le creature cinematografiche concepite da uno scienziato maschio, perché la vera origine dell’empietà non è la sfida alla legge di dio, ma alla legge di natura. Prendete Ex-Machina di Garland: c’è un cervello bionico binario in un simulacro di donna, c’è la ribellione verso il demiurgo, la beffa atroce al genere umano.

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The Strain, Del Toro e l’Osservatorio TV 2015


Era il 2006 quando Guillermo Del Toro regalò al mondo una fiaba militante triste bellissima, che contava di una bimba e di creature silvestri e di orridi carnefici franchisti. Si chiamava Il Labirinto del Fauno, fece incetta di premi nei principali Festival mondiali, ottenne anche 3 Oscar nelle categorie tecniche. Era ancora il 2006 quando Guillermo Del Toro, acclamatissimo, ricevette incarico di sviluppare una serie TV sui vampiri, tema archetipico a lui molto caro. La serie doveva titolarsi Progenie, in corso di gestazione rischiò morte prematura: il presidente della Fox, blasfemo, voleva farne una comedy ridanciana sul modello della celeberrima Dark Shadows. Del Toro inorridì, la cifra dei suoi lavori è si l’effetto esilarante ma mai l’effetto parodistico, così le idee si rifugiarono nelle pagine dei libri. Progenie divenne Nocturna, una saga composta da Del Toro e Chuck Hogan, articolata in 3 capitoli: La Progenie (2006), La Caduta (2008), Notte Eterna (2010). Il percorso letterario risultò periglioso, giacque dormiente in un loculo di anonimato, per sporulazione originò nel 2012 l’omonima graphic novel, edita dalla Dark Horse Comics, poi il suo venefico DNA tornò ad originare la serie TV definitiva nel 2013, The Strain, ora giunta alla seconda stagione.

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Parliamo di The Strain, dei vampiri e del cinema di Del Toro in una monografia speciale lunghissima su Osservatorio TV 2015, il mirabile progetto di ricerca curato da Barbara Maio che analizza le serie TV più significative dell’ultimo anno, con la prestigiosa introduzione di Roy Menarini. L’ebook, gratuito, è scaricabile qui.

 

Eraserhead: we need to talk about David


Il sogno di tutti noi cinefili è che i grandi registi siano amati come idoli, venerati come oracoli, adorati come dei. Dalle folle osannanti intendo ed in pubblica agorà, non da quattro puzzoni al chiuso di sordidi cineclub suburbani. Ebbene, il sogno sta diventando realtà sotto i nostri occhi, solo che facciamo fatica ad accorgercene perché a noi interessano le visioni del lato oscuro, alle masse interessa la via verso la luce. Riporto, paro paro, dal Corriere.it: “Folla di fan a Milano per ascoltare il regista di culto David Lynch. Il filmmaker ha incontrato il pubblico al Teatro dal Verme per parlare di meditazione trascendentale e della possibilità di introdurla nelle scuole anche in Italia, così come già accade in 50 paesi nel mondo. Da oltre 30 anni Lynch pratica la meditazione trascendentale.” Moltitudini che accorrono non a guardare Lynch, ma ad ascoltare Lynch, il suo sermone per introdurre nel decreto legge de #Labuonascuola la fondamentale,non procrastinabile meditazione trascendentale. Agli psionici più evoluti, inoltre, non può sfuggire cheil culto di Lynch sia celebrato in un luogo consacrato al Verme, essendo il Verme simbolo sommo del suo credo, ovunque nello spazio filmico a cominciare dalla genesi del 1977, da Eraserhead.

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