Westworld, vuolsi così colà.


Westworld è una serie trasparente, di quelle che invitano a guardare dentro, con la consapevolezza di stare dall’altra parte del vetro, o dello specchio, o dell’acquario. Westworld è una metaserie, cioè una serie autoconsapevole, si offre didascalicamente agli spettatori parlando di cicli narrativi, di linee di dialogo, di intrecci potenziali.  Westworld scorre su fiumi infiniti di parole, dai corsi al momento non del tutto manifesti. Davanti a Westworld si resta turbati e perplessi, è come sottoporsi ad una cura Ludovico per occhi e cervello, sembra non esserci niente da dire o scoprire, tutto pare previsto o, addirittura, prevedibile da parte degli autori. Le riflessioni, le reazioni, per giunta dopo sole due puntate, rischiano di sembrare riflessi pavloviani, nondimeno proviamo qui a significare qualcosa.

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Vinyl Expo. Organizzano Mick Jagger e Martin Scorsese


Le fiere del disco, o i mercatini del vinile, o le mostre mercato di LP e 45 giri, sono tutte uguali: un numero variabile di espositori dietro i loro banchi carichi di dischi, e una folla indistinta che spulcia le migliaia di 33 giri esposti. Chiostri di chiese sconsacrate, sale ricevimento di alberghi, sedi di associazioni culturali, si trasformano per accogliere questa comunità sempre numerosa e attenta.  Ho fatto parte per anni della squadra degli appassionati – quelli che arrivano con una cifra definita in tasca e vanno via frustrati, senza una lira e con un numero di dischi acquistati che non è mai abbastanza. I miei obiettivi erano il punk, la psichedelia di ogni epoca, i dischi italiani underground, e qualche classico. Attorno a me c’era chi cercava le sigle dei cartoni animati, chi De Andrè, chi – tanti – Rino Gaetano, chi l’hardcore più estremo e chi – tanti, troppi – il progressive.

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The Jinx, la prima serie tv su crimini, dollari e scalogna


Si parte da All Good Things, diretto da Andrew Jarecki e interpretato in apnea da Ryan Gosling e Kirsten Dunst, che suscita poca meraviglia al box office, ma attrae l’attenzione dell’uomo alle cui infami gesta è ispirato, tal Robert Durst, discendente della famiglia di immobiliaristi più ricca del mondo, accusato dell’omicidio della moglie, avvenuto nel 1982, dell’omicidio della sua migliore amica, avvenuto nel 2000, dell’omicidio e nello smembramento del suo vicino di casa, avvenuto nel 2001.Tutto vero, fatti reali sui quali la giustizia americana ha chiuso gli occhi per anni, manco si trattasse della strage del Cermis. Robert Durst concede a Jarecki  un’intervista fiume in cui presenta la sua versione dei fatti narrati come fossero fiction, quindi The Jinx è altro da tutto ciò che si è visto prima, diventa un Robert Durst Self Portrait of a Serial Killer. Diventerebbe, perché chiaramente Durst disconosce la paternità dei crimini, e lo fa nel più pirandelliano dei modi, negando, semplificando, omettendo, millantando. E suscitando empatia.

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The Jinx – the life and deaths of Robert Durst. Leggi la rece completa su Nocturno.it

True Detective. The road to Carcosa


Il 2014 pareva essere un anno come tanti, di transizione, si dice in questi casi, di passaggio oppure, ma da dove e verso dove non è dato sapere. Invece, con la stessa deterministica inesorabilità del sempiterno ritorno della primavera, il 2014 è diventato un anno fondamentale, perchè HBO ha messo in onda True Detective, la serie TV che sovverte definitivamente i canoni di serie e di TV.

Cominciamo:

Rise of TV Series

Grazie alla pay tv ed all’internet benedetta, i canali si sono moltiplicati con la stessa velocità di un tumore: la TV è sempre con te, un canale per ogni gusto, c’è  il canale per chi va a cavallo, per chi si schianta contro un muro, per chi non guarda la TV, poi, dopo questa esplosione e compulsione, come poveri ultracorpi i canali hanno cominiciato a perire, svuotati dall’interno. Perchè mezzi senza contenuti. Allora i kugini amerikani, che stupidi a volte non sono, hanno riversato la loro potenza di fuoco sulla produzione di quei contenuti, e giù una bulimia di serie TV per tutti i gusti, saghe epiche, comiche, tragiche, decameroniche, orrorifiche, e ancora e ancora, e ancora. Produzioni milionarie avallate da uno specifico commitment industriale, rivolte dronicamente alla conquista dello share, legate al mezzo\canale da cordoni analogico\ombelicali.

Poi, un bel giorno, Matthew e Woody decidono di fare da sè, e si autoproducono una serie che orbita attorno ai loro mondi, preso un regista in parte Carneade e uno sceneggiatore in toto Carneade. Per il potere concesso su di loro come Dei del loro mondo, Matt e Mick diventano True Detectives.

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Vediamo nel dettaglio:

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Solo un’illusione


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Behind The Candelabra

Steven Soderbergh

2013

Behind The Candelabra, passato a Cannes sotto colpevole silenzio, è il cinema come piace a Dikotomiko: una storia bellissima, magistralmente raccontata attraverso corpi musica ed immagini. Un prezioso, inaspettato tassello per comprendere quel brulicante mosaico di lustrini, pailettes e virus che sono stati gli anni 80.

Una storia bellissima è sempre una storia d’amore, amore per qualcuno o qualcosa, ed una storia d’amore funziona solo se c’è magia, “chimica”, tra le parti. Qui ad amarsi sono Michael Douglas e Matt Damon totally omosex: una pop star del pianoforte ed il suo toy boy, splendidi nel mostrarsi veri in quanto grotteschi, innamorati in quanto abbandonati, uniti in quanto diversi.

La storia di questo amore  è la storia della mutazione e della metamorfosi dei corpi, tra tupè, chirurgia plastica pulp, diete estreme e devastazione da addiction/infection.

La luce tungstenica di migliaia di lampadari (candelabra) illumina un palco dove vite amaramente gaie si consumano, tra ville surreali, gioielli fuori scala, egotismi incontrollatii, al suono di un piano(forte)folle.

Soderbergh è un padre, ci prende per mano e ci accompagna in questo viaggio dalla nascita alla morte degli anni 80, dal glitter all’hiv, cercando solo, con Liberace, con Scott, di essere felice, e di renderci felici.

That’s Amore.

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