Il genere è un contenitore a chiusura ermetica o selettivamente permeabile, può contenere aria fritta o aria nuova, dipende da chi lo usa e da come lo usa. Il genere non va praticato né riprodotto, va interpretato, attraversato, trasformato. In cosa vada trasformato, non è dato sapere a priori, a volte nemmeno in itinere è dato saperlo, è questo il caso di Three, l’ultimo grande film di Johnnie To, To il maestro, To l’artigiano, To il cinefilo, To il fecondissimo, To l’impunito, che in intervista dichiara di aver lavorato a braccio, senza uno script di partenza, quasi per associazione di idee, “per esigenze di produzione” dice ghignando, facendosi beffe degli stakanovisti dello storytelling, dei farisei dello storyboarding. Senza script, usando il contenitore per fare un “contained movie” – definizione di nuovo conio, copyright di Rob Zombie -, un film contenuto in un ambiente circoscritto, un ospedale di Hong Kong, il paradiso sembra, tanto è asettico il suo lucore. La storia, così come la macchina da presa, ruota vorticosa intorno a tre personaggi principali, un criminale moribondo con un buco in testa – bullet in the head – e tanti segreti, una neurochirurga con i sensi di colpa, uno sbirro senza scrupoli (“forziamo la mano alla legge perché la legge trionfi”, dice).
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Cop shoot cop
Police brutality! Esclama un distinto signore in un momento di concitato parapiglia, dopo aver ricevuto uno spintone da un poliziotto. Una frase che nel mondo reale stanno ripetendo in molti, in questi giorni ad Hong Kong. A tutti i manifestanti auguriamo di non incontrare agenti di polizia simili a quelli che abbiamo conosciuto nel film di cui parliamo oggi. A tutti gli agenti che hanno invece usato spray al peperoncino e arrestato manifestanti a caso, auguriamo la diarrea.
Di Christian Bale non ne abbiamo mai abbastanza e per fortuna ne abbiamo scovato un altro a Hong Kong, che risponde al nome di Daniel Wu. Indimenticabile agente infiltrato e infognato in un clan di spacciatori di droga ed in una relazione con una ragazza tossicodipendente in Protégé, ottimo film del 2007 diretto da Derek Yee, è andato oltre, molto oltre, per recitare in That Demon Within, arrivando in quella zona rossa che Christian Bale ha abitato ai tempi di The Machinist.
Scuola di cinema per registi italiani
– Buongiorno a tutti. Prendete posto per favore. Ozpetek all’ultimo banco, con Marco Risi e Muccino. Winspeare, Lombardi e Oliviero, qui davanti, e cercate di stare attenti. Sibilia, lei può sistemarsi dove vuole. Castellitto, può sedersi, prego.
– E lei, mi scusi, chi è?
– Pif.
– Chif?
– Pif.
-Non mi risulta il suo nome tra gli iscritti, le dispiace accomodarsi fuori? Grazie.
– Appena vi sistemate, spegniamo le luci e iniziamo la proiezione.
-Pronti? Via.
Bitter Sweet Fruit Chan
Sono qui che galleggio attorno al mio barattolo di latta.
Lontano, sopra la Luna.
Il pianeta Terra è blu e non c’è niente che io possa fare.
La Luna è Hong Kong, deserta e muta dopo la fine del mondo. Il barattolo di latta, un minibus notturno sgangherato. La Terra, tutto quello che ho perso e mai riavrò. The Midnight After, Fruit Chan.
Transformers 4: metallo mutante, metallo urlante, metallo pesante
Transformers 4 di Michael Bay dura 165 minuti, che sommati agli usuali 20 minuti di pubblicità, propinati per legge dai multisala del pianeta, fanno 185 minuti. Più di 3 ore in sala, l’eternità per adolescenti e tardo adolescenti, adrenalinico-compulsivi senza una causa. Eppure, T4 sfonda in bello stile il miliardo di dollari, sfracella record e alla fine risulterà uno dei film più visti della storia del cinema. Successo meritato ? Bah. Vediamo perché.
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Quarantacinque film diretti in trentacinque anni di attività. Non è Johnnie To, ma Tsui Hark non scherza in quanto a prolificità. Uno dei maggiori autori di Hong Kong, se non il maggiore in assoluto. Un maestro dello storytelling. Ricordo con emozione il suo A Better Tomorrow III, i combattimenti epici in The Blade e l’interminabile saga Once Upon a Time in China. Il suo cinema è sempre stato ambizioso e tendente alla spettacolarità, naturalmente destinato a farsi kolossal, ed essendo anche cinese, kolossal seriale, saga, serie di sequels e prequels interminabile.
Questo è il prequel di Detective Dee e il Mistero della Fiamma Fantasma (il terzo capitolo è già in cantiere), che va a colmare una lacuna mica da poco: questo è finora il massimo del 3D made in China. E’ un po’ il Gravity cinese, parlando di tecnologia. E ha già centrato il primo obiettivo: sbancare il botteghino in patria, con quasi 100 milioni di dollari incassati nelle sale cinesi, in un 2013 dominato da un’altra grandissima produzione autoctona, Journey to The West: Conquering Demons, capolavoro debordante di Stephen Chow (200 milioni di dollari e primo posto al box office)
Racconto Verticale. Prima parte.
Eye in the Sky
Nai-Hoi Yau
2007
Hong Kong se ne sta lì da sempre, stretta stretta, il mare da una parte, le colline dall’altra, brulicante di abitanti, tanti, innumerevoli abitanti, più di 6.500 per chilometro quadro, che aumentano, e aumentano, e aumentano ancora.
Uno addosso all’altro, uno sopra all’altro.
Ad Hong Kong ci sono 1.223 grattacieli. E’la città del mondo con il maggior numero di edifici con altezza superiore ai 500 piedi. Ospita 36 dei 100 più alti edifici del mondo.
E’ la città del mondo, dati wikipedia, con la più alta percentuale di popolazione “che vive e lavora oltre il 14° piano “
Cominciamo dal basso.
Piano terra livello strada: persone che si accalcano su un autobus, un uomo e una donna sconosciuti siedono uno di fianco all’altro, ignorandosi ?, di fronte ad un uomo apparentemente assopito. L’autobus si ferma.