Ready Player One, il film più bello del 2045.


Un grande cimitero, o una gigantesca discarica, dove tombaroli professionisti e robivecchi improvvisati guerreggiano da mane a sera, per appropriarsi di artefatti, simulacri, chincaglieria assortita. Questi sono gli anni 80 al giorno d’oggi, una miniera di ricordi unti e bisunti, stravissuti, logori, obsoleti e quindi suscitevoli di emozione, di compassione. Il film definitivo sugli anni 80, dico io, è Donnie Darko, di Richard Kelly: un film ambientato nel crepuscolo del decennio glitterato, girato da chi era adolescente in quegli anni, che parla di spazio e tempo liquidi, di sacrifici cristologici, di lati oscuri, di morte. Spielberg, invece, non gira un film sugli anni 80, non fa il retromaniaco, ma fa l’avantmaniaco, proietta nel futuro la sua ricerca del tempo perduto, consegnando a noi, tremanti e adoranti, un testamento, una promessa, una rivelazione. Ready Player One.

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