Solo accettando la finzione, noi, ritroveremo l’umanità. Sembra una dichiarazione di intenti, è un motto, il verso di una canzone che al momento mi tormenta, o mi esalta, il che è lo stesso, data la compromessa obsolescenza delle mie sinapsi. Ci sarebbe da fare i sacerdoti del sommo nulla, e passare questo tempo scrivente ad interrogarsi su un grande enigma del nostro non tempo, se cioè sia più importante la riproduzione, o la riproducibilità. Decido invece di optare per il sommo valore della sterilità, intellettuale ancorché morale, quindi non ho spunti da spruzzarvi addosso. Resto inerte, dopo Blade Runner 2049, di Denis Villeneuve.
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The Big Short. We need to talk about money.
L’innata capacità speculativa dell’essere umano, prima ancora di essere dimostrata dai rimuginamenti sull’essere, il non essere e il divenire, è certificata dall’invenzione del denaro, astrazione pura, in forma cartolare e ancor più decartolare, concetto valore intangibile che determina potere tangibile. Quasi fosse un diritto umano, intrinseco nel denaro è il bisogno primordiale di fiducia, la fiducia degli investitori, la fiducia dei governatori, la fiducia dei risparmiatori, perché per moltiplicarsi o sparire miracolosamente – questo fa il denaro – c’è bisogno di credere in lui, così. In Money we trust. Il denaro, dimentico quindi della sua origine materiale, trascende ad una dimensione religiosa – il dio denaro – , il suo culto viene nutrito dai famigerati mercanti del tempio di farisaica memoria, quelli chiamati come gang di motociclisti in acido, i brokers, i traders, gli investment bankers, in una parola, i motherfuckers d’ogni tempo. The Big Short, di Adam McKay.
The Jinx, la prima serie tv su crimini, dollari e scalogna
Si parte da All Good Things, diretto da Andrew Jarecki e interpretato in apnea da Ryan Gosling e Kirsten Dunst, che suscita poca meraviglia al box office, ma attrae l’attenzione dell’uomo alle cui infami gesta è ispirato, tal Robert Durst, discendente della famiglia di immobiliaristi più ricca del mondo, accusato dell’omicidio della moglie, avvenuto nel 1982, dell’omicidio della sua migliore amica, avvenuto nel 2000, dell’omicidio e nello smembramento del suo vicino di casa, avvenuto nel 2001.Tutto vero, fatti reali sui quali la giustizia americana ha chiuso gli occhi per anni, manco si trattasse della strage del Cermis. Robert Durst concede a Jarecki un’intervista fiume in cui presenta la sua versione dei fatti narrati come fossero fiction, quindi The Jinx è altro da tutto ciò che si è visto prima, diventa un Robert Durst Self Portrait of a Serial Killer. Diventerebbe, perché chiaramente Durst disconosce la paternità dei crimini, e lo fa nel più pirandelliano dei modi, negando, semplificando, omettendo, millantando. E suscitando empatia.
The Jinx – the life and deaths of Robert Durst. Leggi la rece completa su Nocturno.it
Unforgiven
Only God Forgives
Nicolas Winding Refn
2013
Prima figlio, poi fratello, infine uomo. Fa il suo lavoro perchè deve, o forse perchè gliel’ha insegnato sua madre. Vaga per i corridoi Lynchiani della sua mente. L’incestuosa penetrazione nella vagina materna non basta più, deve trovare un’altra via per tornarci dentro.
Poliziotto in pensione (ed è questo il particolare più inquietante, è in pensione..) che non può smettere di giudicare e punire i peccatori, perchè lui è l’angelo sterminatore investito del sacro e feroce potere di colpire, amputare ed uccidere. Onnipotente.
Madre e spacciatrice. Volgarissima, e forse proprio per questo, tremendamente affascinante. Non ama i suoi due figli con la medesima intensità, ma in maniera direttamente proporzionale alle dimensioni dei rispettivi cazzi.
Regista danese apparentemente sano di mente, crea i film che ama vedere da spettatore appassionato. Il successo di Drive gli permette di continuare a farlo con un budget notevolmente più alto e attori famosi.
Last Minute, Bangkok
Only God Forgives
Nicolas Vinding Refn
2013
Tre consonanti ed una sola vocale.
R–E–F–N.
Visione consonante dissonante, (R) ringhia a labbra strette e pugni chiusi nell’esplosione inattesa deterministica di lampi suoni sangue.
Narrazione fluida coerente e vocalica (E), pietà sospesa su inferno di archetipi, la Colpa, la Mantide, Edipo, la Legge.
Soffio, ultimo respiro e sollievo (F), disturbo di fantasmi bramanti e recanti pena.
Ferro adamantino tra corpi oggetti penetrati recisi, neon su donne senza sguardo, occhi senza luce, corpi senza mani. (N)
Take me out, tonight
Come un tuono (The place beyond the pines)
Derek Cianfrance
2012
Si, ok, Cianfrance è un regista ambizioso, quando scrive si eccita sessualmente e non riesce a fermarsi prima di sbandare pericolosamente. D’accordo, the place beyond the pines è un film a tratti disordinato. E sticazzi? Noi vogliamo questi film. Vogliamo Ryan Gosling-Luke il bello che corre come un pazzo dentro il globo della morte (..chiaramente ci stiamo noi tutti, dentro quel globo, però noi procediamo a passo d’uomo), e lo vogliamo vestito di stracci, coperto di tatuaggi e con la puzza dell’olio motore addosso. Puzza che io ho avvertito chiaramente.. o era il mio vicino di poltrona?
Oltre a sua maestà Ryan c’è anche, nel ruolo di una autentica facciadimerda, Bradley Cooper. Talmente autentica che lo sbirro viscido e corrotto incarnato da Ray Liotta risulta più simpatico. Di Eva Mendes inutile parlare.
Lo immagino Derek Cianfrance, nascosto nel buio del cinema alla prima del film, che studia le reazioni del pubblico. E si emoziona. E si incazza se sente un commento che non gli piace. Continua così, Derek. E al prossimo film calca la mano ancora di più, cadi, ribaltati e spezzati qualche osso. Tanto dal globo della morte non si esce. Vivi.