Sunshine, di Danny Boyle. Il Sol dell’Avvenuto.


Fuori, lo spazio interplanetario. Dentro, lo spazio ristretto di piccoli ambienti metallici, corridoi stretti, una serra (nella quale la fitta vegetazione serve a produrre ossigeno), una sala ologrammi. E l’Osservatorio: un’enorme finestra che permette – con opportuni filtri – di osservare la luce del sole da vicino. O, senza filtri, di lasciarsi bruciare e polverizzare in una sorta di suicidio mistico. Un’astronave, la Icarus II, che appare come un gigantesco ombrello spaziale: lo scudo di protezione dai raggi solari, e il manico, ovvero la piccola parte abitata dall’equipaggio. Ristretto è anche il campo delle opzioni e situazioni, quando si tratta di realizzare un film di (molto)fanta(e poca)scienza hardcore.

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