Disobbedire sempre e dovunque
e’ questo il nostro messaggio:
sabotaggio.
Avvicinare la bocca libera ai microfoni liberi di una radio libera, negli anni settanta, in Emilia o in Piemonte era una cosa. Farlo in Sicilia era tutta un’altra storia. Anche mettere su una band hardcore a Messina nei primi anni ottanta non deve essere stato per niente facile ( se si fosse trattato di hardcore cinematografico tutto sarebbe stato molto più semplice. E in quel caso, però, anche il concetto di gruppo andava rivisto…). Max, ex membro della band messinese Uart Punk, ricorda la loro partecipazione ad una tre giorni di concerti al nord, sorta di raduno nazionale HC, al quale partecipò una sola band meridionale: gli Uart Punk, appunto. Max racconta con orgoglio, celato da un paio di vistosi ray-ban, che il punk per lui non è mai stato motivo di condivisione di ideali o lotte politiche.
Continueremo a esistere?
saremo in grado di fermare la pazzia?
o moriremo gridando liberta’
ascoltando le nostre poesie?
Il punk, dice, è individualismo, esasperato fino ad arrivare al nichilismo senza raggiungere l’estremo però, “altrimenti non sarei qui oggi”. Un’altra cosa che non ha mai condiviso è il rifiuto delle droghe, e ci sta. Punk è insomma tante cose, tantissime, anche diversissime tra loro ma sempre a braccetto. Punk è probabilmente anche una gran rottura di coglioni. Come le due o tre ragazze sedute dietro di me, che hanno parlato a voce altissima per quasi tutta la durata della proiezione, tra l’altro un’anteprima nazionale, mondiale, intergalattica. Sto invecchiando io, può essere. Ma ridere del look di Helena Velena (mentre racconta dei dischi stampati con la sua Attack Punk Records senza firmare alcunchè, con i rapporti contrattuali basati solo su amicizia e fiducia, e rifiutandosi di registrare alla s.i.a.e. le canzoni, comprese quelle dei Cccp) si può? Non lo so, come non so per quale cazzo di motivo siano venute a vedere il film.