Histoire d’O. Una splendida quarantenne


Dominique Aury è l’autrice del primo romanzo capace di presentare l’ambiente SM senza criminalizzazioni. Una (apparentemente) morigerata e per nulla appariscente signora 47enne, intellettuale di destra che non indossava gioielli e si truccava pochissimo, bisessuale fervente e con un passato nella Resistenza. Scrisse spinta dal desiderio di tenersi stretto il suo amante dell’epoca, Jean Paulhan, grande appassionato del Divin Marchese, nonchè probabile coautore di questa Histoire d’O. Firmò il libro, che uscì nel 1954, con uno pseudonimo, ed evidentemente oltre all’identità tenne nascosto per decenni il suo esplosivo lato oscuro. Me la immagino durante una conversazione di alto livello culturale, davanti ad una tazza di tè, sorridere timidamente all’interlocutore ed intanto fantasticare di essere bendata, sodomizzata e frustata da uomini mascherati. Credo che buona parte della storia sia basata su sue esperienze reali: ‘sta Dominique doveva essere proprio una porcona insaziabile. Il film, tratto dal romanzo e diretto da Just Jaeckin, che un anno prima aveva firmato Emmanuelle, uscì in Francia nell’agosto del 1975, piazzandosi quarto nella annuale classifica del box-office.

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La mai più così splendida Corinne Cléry (che rubò il ruolo a Dalida Di Lazzaro) è O, tanto ma tanto innamorata di un fantoccio di nome René (l’ectoplasmico Udo Kier), al punto da obbedire, e sottomettersi senza esitazioni, alle continue, estreme, prove d’amore che lui le chiede. Nel castello di Roissy (sorta di accademia S&M, un non luogo fantastico) O entra con un vistoso collare di cuoio che le serra la gola, viene piegata (in tutti i sensi) ad oggetto sessuale, schiava del piacere per tutti gli uomini presenti, quindi frustata fino a farla urlare e piangere per il dolore, incatenata, bendata, assogettata a regole ferree: non può mai serrare le gambe, e non deve assolutamente guardare negli occhi gli uomini che abusano di lei. Il corpo nudo di Corinne Clery è però dotato di una grazia incontaminabile, così come l’espressione del suo viso, e l’impressione è che O superi ogni sopruso senza conseguenze traumatiche.

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Presto la natura masochista (anche se provocata, stimolata ed incoraggiata grazie al vizio di forma rappresentato dall’amore per il fantoccio) di O prende il sopravvento, rivelandole come la felicità e l’appagamento sessuale possano nascere dalla sofferenza e dalla sottomissione.
Uscita dal castello con un anello all’indice che la identifica come membro della comunità (una loggia massonica segreta, composta chiaramente da uomini potenti e ricchissimi) e schiava di Roissy, fortificata e sessualmente liberata dal trattamento al quale si è offerta, O torna alla sua vita “normale”, eccelle nel suo lavoro di fotografa e per volere di René seduce Jaqueline, una sua modella : probabilmente ispirata, nel romanzo, alla prima amante della Aury, quando entrambe erano quindicenni. Il percorso di iniziazione di O raggiunge il culmine nell’incontro con il padrone del castello, Sir Stephen (Anthony Steel, che a sentire la sua ex-moglie Anita Ekberg, quando beveva diventava violento, la picchiava e litigava con chiunque), che è in realtà anche padrone di René, suo sodale e succubo. I due uomini condividono tutto: O è consegnata nelle mani del suo nuovo master, che si rivela la mente dietro il comportamento del fantoccio.

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La sottomissione operata da René su O è stata compiuta soltanto per preparare la nuova schiava, ultima di una lunga serie, per il vero padrone, e infatti da quel momento l’idiota inizia progressivamente a perdere la sua influenza su O, rimpiazzato da Sir Stephen. L’amore c’entra poco o nulla insomma, quello che O credeva di provare per il pupazzetto era in realtà una embrionale passione per il rapporto padrone/schiava. Questo gentleman perverso e molto più esigente del fantoccio è però uomo, vulnerabile e sensibile al fascino sprigionato dall’entusiastica sottomissione di O, e suo malgrado anch’egli crede di innamorarsene. E’ Anne-Marie, alter ego di Stephen (i due potrebbero rappresentare efficaci deviazioni di figure materne e paterne; non che a noi freghi qualcosa) che gestisce una dependance del castello, a risultare il personaggio più freddo e inflessibile. Le donne che vivono con lei sono selvaggiamente frustate, sottoposte a sevizie e punizioni corporali, anche all’uso di un corsetto strettissimo per rendere il girovita più sottile possibile. Le più fortunate giacciono nel suo letto, ed è a lei che Stephen si affida per marchiare (dopo averle imposto un piercing alle grandi labbra) in maniera indelebile la sua nuova schiava/amata: come ad una vacca, sulle natiche di O vengono impresse a fuoco le iniziali di Sir Stephen. Nelle mani di Anne Marie le donne sono e restano oggetti del desiderio, senza la minima complicazione sentimentale.

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La forza del film (e del libro) sta nell’avvicinamento alle tematiche SM nella totale assenza di malattie mentali, nevrosi, psichiatri, o peggio ancora morale e leggi divine assortite. Non ci sono donne da salvare, qui. Tantomeno O: emblematica la scena nella quale vediamo un giovane moralista innamorarsene. Alla notizia del prossimo arrivo del suo “salvatore” O va su tutte le furie, e si fa trovare con i polsi legati, nuda, sudata e con il respiro affannoso, il corpo striato dai segni di una recentissima ed estrema session di frusta. Accoglie il giovinotto con uno sguardo di sfida, soddisfatto e assolutamente privo di supplica, sufficiente a mandarlo via di corsa, sconvolto. L’altro elemento più volte sottolineato è la libertà totale, e il consenso assoluto, che sono il fondamento principale delle pratiche SM. Il ribaltamento di ruoli finale, se in ottica strettamente sadomaso può sembrare forzato – del tutto assente infatti nel romanzo – funziona perfettamente in senso cinematografico, dando un nuovo significato di riscatto al percorso esistenziale di O. A 60 anni dalla pubblicazione del libro, questa è una storia che conserva un forte potere seduttivo, causato dalla sua genesi: nelle intenzioni doveva appunto sedurre un solo uomo. Ne ha sedotti milioni. Anche il film porta benissimo i suoi 40 anni: probabilmente l’unico film erotico, o quasi, che non provoca sbadigli e non costringe a cercare con una mano il tasto fast forward.

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Una mano, l’altra è solitamente indaffarata. O no?

 

Histoire d’O

Just Jaeckin

1975

 

Questa rece è contenuta nel dossier “Cinquanta schiocchi di frusta” del numero di Nocturno attualmente in edicola. Per leggere quali sono gli altri 49 titoli fondamentali del cinema sadomaso, per noi nocturniani perversi, comprate la rivista.

 

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Ma cos’è questa puzza di bruciato? Aaaaaaahhhhh!

Scusate, avevo dimenticato l’uccello nel tostapane.

 

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