#Spring. I misteri della Puglia nera.


Vivo in una Regione a due dimensioni, la Puglia, che vince il premio Cartolina della Penisola da 15 anni a questa parte. Puglia, dove la natura è colore. Puglia, il mare, il sole, la pasta, il sugo, i trulli, le chiese, i muretti a secco, l’Ilva. Puglia, dove l’immaginario confonde città e paesi, dove la suggestione è un’allucinazione spazio-temporale, sei di Bari?, bello, io sono stata in vacanza lì vicino, a Gallipoli due anni fa, sono innamorata delle Puglia, sì ma Bari è a 200 chilometri da Otranto, non ci azzecca niente culturalmente e paesisticamente, è pure sull’Adriatico e Gallipoli è sullo Ionio, boh, io mi ricordo che ci si passa per andare al mare. Spring, di Justin Benson ed Aaron Moorhead.

spring

With the support of Apulia Film Commission, si legge nei titoli di testa, ed un fremito di orgoglio scuote effettivamente la mia salma scafata, perché i due registi sono avanguardia dell’horror indipendente e sono venuti qui a sviluppare la loro personale idea di cinema, come altri due talenti, Derek Lee and Cliff Prowse, avevano fatto con la Liguria e La Spezia in particolare per Afllicted, film che ha avuto anche la grazia di una distribuzione in Italia, Spring invece incredilmente no, o almeno non ancora. L’incipit è un tributo di Benson e Moorhead al loro precedente Resolution, horror da camera anzi da cabin, ed alle dinamiche da buddy movie che lo caratterizzavano, derivazione riuscita e inacidita del cinema di Kevin Smith. Sono pochi minuti, giusto la morte di una mamma un licenziamento per motivi disciplinari un mandato di arresto, poi si parte per l’Italia, scorci usuali e meno usuali di Roma, incontri alcolici con anglosassoni in libera uscita, viaggio in auto ed arrivo in Puglia, last stop Polignano a Mare. A rischio di perdere la mia proverbiale laicità, mi corre l’obbligo di significarvi che Polignano a Mare è per me un luogo del cuore, ci vado mille volte all’anno, mi ci sono perduto e devastato, vi ho cominciato e finito amicizie, vi ho incontrato per la prima volta mia moglie, con la quale, quella prima volta, parlai di tutto: dei miei demoni, del mio sangue, della morte, dell’amore, di Dio che non esiste.

spring yuzna

Polignano, il paese di Mr.Volare si legge sulla cartolina, scogliere altissime intarsiate di case di pescatori, precipizi a picco sull’abisso verde smeraldo blu cobalto. Polignano, luogo bipolare. MiniPolignano è un centro storico affacciato sul mare, un sobrio lindo parsimonioso dedalo di vicoli bianchi e balconate, contenuto in MegaPolignano orrida, palazzine e palazzacci ovunque, costruiti con disprezzo per chi ci avrebbe abitato, abitati con vergogna, conservati con incuria. Vieni, vieni a ballare in Puglia, tanto MegaPolignano sulla cartolina non c’è e nemmeno nel film, perché la storia vive dentro la Mini, con alcune incursioni nella campagna circostante. L’immaginario indie yankee sul tema italico si fa più chiaro: gli occhi vedono il mare, la storia, i villici abitanti del paesello vestiti e affaccendati come nel dopoguerra, vedono le masserie, colgono istintivamente un cenno di realismo magico nella luce e nei colori, sviluppano associazioni di immagini tra il tempo che passa e la signora con la falce, ma non hanno tutte le coordinate per decifrare impulsi contraddittori e poco noti, allora derapano, inseriscono il Vesuvio come epicentro magico in una terra che è così pianeggiante da essere di per sè irreale – non a caso si chiama il Tavoliere delle Puglie -, fanno dei sedicenti abitanti del borgo degli esseri perfettamente bilingui, non nel senso di mutati geneticamente ma nel senso di parlanti italiano ed inglese meglio di interpreti delle Nazioni Unite, il che è improponibile, come sa bene chiunque sia mai passato da queste parti.

spring linklater

Realismo magico, dicevo, che punta ad un racconto tra i racconti, lui che si innamora di lei creatura misteriosa della notte, dolcissima sensualissima virago dal passato remoto e dal presente oscuro, e tra i due è subito Linklater, intendo dialoghi interminabili sul posto nel mondo al modo della trilogia dei Before (Sunset, Midnight, Sunrise). Lei è mutevole, se non si fa nelle vene (di cosa?) diventa altro, sembra Splice di Natali invece è proprio un mostro #daunideadibrianyuzna, proprio lui, che viene infatti ringraziato nei titoli di coda, e io mi accodo al ringraziamento per aver portato il maestro Brian in questo mio appulo simulacro di società. C’è il bene tra gli amanti, c’è il male loro perpetrato da altri americani in vacanza e dal tempo che passa, ma alla fine, quando il film sembra essersi avviluppato su stesso, incartapecorito da idee non proprio chiare, pietrificato dal catalogo di rappresentazioni sponsorizzate – marchette?- di un altrove pompeiano, Benson e Moorehead si ricordano di quello che sono, cioè degli alti potenziali, dismettono i panni di uomini delle stelle e tornano alla loro embrionale idea di cinema, che all’alba appare chiara: svanito il fumus Linklateris, c’è Thirst di Park Chan Wook, ma senza cupio dissolvi. Fine del film, fine del sogno pugliese, cartolina affrancata, spedita e giunta a destinazione.

Spring-poster

Ma tutti i sogni nell’alba svaniscon perché

quando tramonta la luna li porta con sé

ma io continuo a sognare negli occhi tuoi belli

che sono blu come un cielo trapunto di stelle

Volare oh, oh

cantare oh, oh

nel blu degli occhi tuoi blu

felice di stare quaggiù

 

 

4 pensieri su “#Spring. I misteri della Puglia nera.

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